lunedì 9 aprile 2012

Suv vs classic cars- Questo pezzo l'ha scritto il mio amico Flavio, centrando in pieno lo spirito del blog.


Sta finendo l’era degli eccessi, la cafoneria a tutti i costi.
Ciò nonostante, per fortuna sempre meno, si continuano a vedere in giro flotte di S.U.V., spesso bianchi.
Alla guida, di solito, uomini o donne campioni di cafoneria, totalmente incapaci di vivere senza apparire, senza seguire le mode (quelle imposte da calciatori e veline…), senza far vedere al mondo che anche loro esistono. Sì, perché il mondo si accorge di loro solo quando alzano la voce al telefono sui vagoni dei treni, quando posteggiano in doppia fila, quando ordinano champagne senza sapere se la circostanza lo richieda.
Fateci caso, una volta i fuoristrada venivano utilizzati da chi aveva realmente la necessità di viaggiare su strade impraticabili, da chi abitava in campagna o da quelle persone che, per loro fortuna, avevano la possibilità di trascorrere il tempo libero nelle residenze fuori città e che sul proprio Defender (non certo sull’X5) dovevano caricare bracchi e doppietta. Oggi no. Oggi il fuoristrada serve ai cafoni  per salire sui marciapiedi, per schiacciare senza problemi quei fastidiosi pedoni che, alle volte, hanno la sciagurata idea di attraversare la strada, per occupare due posti nei parcheggi o più semplicemente per compensare con le dimensioni della propria macchina la ridicola dimensione del proprio cervello (o di un altro organo evidentemente poco sviluppato).
Ora mi rivolgo a voi donne, vi propongo due possibili scenari:

Scenario n°1.

Mentre state finendo di truccarvi sentite suonare vigorosamente il clacson, vi affacciate e vedete sotto casa, davanti al portone carraio, il vostro “cavaliere” con il suo BMW X5, bianco, fresco di car wash.
Vi affrettate quindi a scendere in strada e salite a bordo del mezzo in autonomia, lui è ovviamente impegnato in una conversazione telefonica senza la quale la terra sarebbe sicuramente in grave pericolo e, perdere tempo per la galanteria (o semplicemente per l’educazione), comprometterebbe le sorti del resto del mondo.
Partite quindi (incuranti che per strada vi siano altre macchine) alla volta del ristorante di sushi appena aperto dal suo amico imprenditore brianzolo. Qui, al tavolo con una coppia di amici, il vostro lui, vestito rigorosamente con capi firmati, inizia a raccontare le sue vacanze in Costa Smeralda a bordo del suo motoscafone che inquina più di un transatlantico e che crea un moto ondoso in grado di danneggiare le coste di tutto il mar mediterraneo.
Alla fine della cena, dopo aver mangiato piatti di cui non ricorda nemmeno il nome, vi porta all’Armani, dove ha ovviamente prenotato un tavolo e, facendo più rumore possibile stappa la magnum di cristal.
Alla fine della serata, dopo aver insultato un cameriere che non lo aveva assecondato abbastanza, risale sul suo bianco “cavallo” e, abbassando il finestrino, vi urla di darvi una mossa, che lui è stanco e si dovrà svegliare presto per lavare nuovamente la macchina per andare allo stadio con l’amico macellaio.

Scenario n°2.
Siete, come vostro solito, in clamoroso ritardo sulla tabella di marcia, finite di sistemarvi e scendete in strada. Lui, nonostante tutto, è fuori dalla sua macchina, una triumph spitfire del 1967.
E’ elegante, ma non appariscente, mocassini, pantalone beige, camicia bianca e giacca blu, vi sta aprendo la portiera. Galanteria forse un po’ anacronistisca, ma nella quale crede ancora fermamente.
Dopo aver eliminato la suoneria del cellulare, parte alla volta della riviera ligure.
Appena arrivati, vi porta a bere un camparino in un bar, dove, in una surreale armonia, convivono artisti, uomini d’affari, nobili e pescatori.
E’ quindi il momento di un ristorantino in cui andava fin da ragazzino, con i genitori prima e con gli amici poi.
Qui ordina trofie al pesto e cima genovese, il tutto accompagnato da un ottimo fresco pigato.
Per concludere la serata, dirige la sua triumph verso il porticciolo, dove, da generazioni, tiene ormeggiato uno splendido gozzo in legno, ricco di storia e di valore affettivo. In lontananza l’ombra del motoscafone senza anima…

Quale scenario vorreste vivere? Se fossi in voi, credo non avrei dubbi e, a occhi chiusi, opterei per lo scenario n°2…
Questo a conferma del fatto che auto e padrone (come per i cani) si assomigliano e che sempre più persone stanno abbandonando le macchine da cafone e apprezzano macchine cariche di storia, di fascino, a volte scomode, ma sempre eleganti e romantiche, macchine che, spesso più di noi uomini, hanno un’anima.

Bentornata eleganza…

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